lunedì 22 gennaio 2018

Avere qualche numero in testa

In questa campagna elettorale, segnata da chi la promette più grossa, vorrei dare qualche consiglio di lettura a chi voglia affrontare il tema "a chi dare il mio voto" con cognizione di causa. Consigli buoni anche per chi vorrebbe chiedere il voto appellandosi al buonsenso degli elettori e non trattandoli come plebe da gestire a "panem et circensem". Come cittadini, infatti, in questa tornata elettorale dovremmo sentirci feriti nel nostro amor proprio nel vedere che tutti i maggiori gruppi e leader politici si contendono il nostro consenso promettendoci mirabolanti tagli di tasse varie o abassamenti di età pensionabile,  o di realizzazione di investimenti in deficit in sfregio alle regole europee, anzi con il consenso dell'UE che otterremmo in virtù della nostra "credibilità e forza contrattuale" (probabilmente qualcuno pensa che avere il terzo debito pubblico del mondo sia una sorta di attestato di merito), anziché spiegandoci il reale stato dei conti. illustrandoci un piano preciso di tagli alla spesa pubblica, che permetta poi una graduale riduzione della pressione fiscale e una revisione della spesa pensionistica. E' evidente che la classe politica conosce l'elettorato, e sa bene che l'onestà intellettuale, il pragmatismo e la pacatezza non ottengono consenso. Meglio far leva sui tratti più beceri dell'italianità e lavorare per slogan e promesse palesemente non sostenibili, tanto dopo il voto, qualcuno a cui dare la colpa se non si manterrà il promesso lo si trova sempre. Il tema del debito pubblico non è neanche sfiorato. Fa eccezione +Europa a onor del vero e qualche esponente DEM.
I libri da suggerire sono tre, li vedete qui a fianco. 2 Sono di Carlo Cottarelli, il mitico primo commissario della spendig review, il cui rapporto pur presentato dal governo è finito rapidamente nel dimenticatoio, per intraprendere tagli più soft, l'altro è di Roberto Pedrotti, che è stato consigliere economico del Governo Renzi e se n'è andato una volta compresa l'impopolarità e la resistenza che suscita il voler ragionar pragmaticamente di tagli alla spesa pubblica. Eppure da tagliare ce ne sarebbe. E parecchio. E si risparmierebbe, e molto, denaro pubblico, di più di quanto se ne ricaverebbe dai tagli stessi, poiché l'eliminazione di spesa improduttiva consentirebbe di avere più risorse per investimenti e sopratutto di liberare risorse private per il medesimo scopo, ottenendo un effetto positivo ulteriore per la riduzione del debito pubblico, tema che dovrebbe essere centrale nella proposta economica di qualcisasi partito che si candidi seriamente a governare questo paese. Non si può sperare che il debito si riduca per magia, solo perché si fanno investimenti pubblici o si confida nella ripresa che un taglio delle tasse potrebbe generare, bisogna fare scelte a ciò mirate. Cottarelli ne il Macigno, ci riepiloga come si è formato l'enorme debito pubblico italiano e quali sono le vie per iniziare a liberarsene, passando in rassegna tra quelle effettivamente percorribili e quelle francamente avventuriste; ne la Lista della Spesa, si presenta di fatto un "compendio" della relazione fatta come commissario alla spending review, evidenziando settore per settore dove e come tagliare. Se alcuni settori sono noti, alcuni sono delle sorprese - per me - basti pensare quanto costa la diplomazia e quanto costa l'euro burocrazia, tutti elementi che potremmo ridurre e migliorare con una maggiro integrazione europea. Sulla medesima riga Status Quo, dove Pedrotti illustra un piano di tagli pluriennale di 60mld di euro e racconta la sua esperienza come consulente governativo, illustrando come molte sono le "caste" che si oppongono ai tagli, specie quelle dei burocrati, che spesso sanno cambiare legge nel corsodi una notte. Pedrotti smitizza anche un po' i costi della "casta" dei politici, pur ritenendole necessarie, nel senso che in un percorso di riduzione della spesa, l'esempio dei gruppi dirigenti è fondamentale, per cui propne una serie di misure per ridurre i costi della politica delle Regioni e delle strutture dello Stato centrale, pur quantiicandoli con precisione, evidenziando come sia numeri importanti, ma non quelli della vulgata popolare. Tutti e tre i testi hanno una ricca bibliografia per chi vuole approfondire il tema, il testo di Pedrotti poi, ha molti riferimenti on-line. Da leggere, sopratutto per chi pensa che il debito pubblico non sia un problema reale o prioritario.

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