C'è chi grida alla fine della democrazia, chi lo invoca come uomo della
provvidenza, chi lo adula (oggi), chi lo esecra, pur non avendo un
grammo di competenza e credibilità per farlo. A me Draghi piace. Perché è
indubbiamente un competente, un generoso, un europeista serio, un
razionale, non è innamorato di se stesso come altri, non ha bisogna
dei social, e poi viene annoverato tra i liberal socialisti e dai fatti
lo sembrerebbe proprio. E' un signore, che ha messo la sua credibilità e
storia al servizio di questo paese, in uno dei suoi momenti peggiori,
per la pandemia, la crisi economica e forse all'apice dello scadimento
della democrazia dei partiti, e del parlamento, popolato di personaggi
improbabili, squinternati, inetti, in perenne zuffa, purtroppo specchio
di un paese, roso dall'invidia sociale, dal malcontento, dalle
diseguaglianze e inefficienze e da una certa crassa ignoranza. La
pandemia, ci ha fatto toccare il fondo e ha costretto questo sistema ad
autocommissariarsi (ma non ad autoriformarsi), per fortuna avevamo un
Draghi nella manica, spero riesca a restarci il più a lungo possibile e riusciamo a mantenere un galantuomo anche al Colle. Ma prima o poi questa fase di "salvezza nazionale"
piuttosto riottosa finirà e rischiamo di ritrovarci come prima, anzi un
po' peggio, perché abbiamo scoperto di avere nella nostra società pezzi
che ormai sono decisamente fuori centro e problemi strutturali non
affrontati, tra cui la qualità della classe dirigente, la concezione
della politica, il relativo impegno civico e civile e un problema demografico grande come una casa - unito alle sfide della transuzione ecologica. Bisogna usare
bene questo tempo e tornare alla politica delle cose, di nenniana
memoria. I partiti devono ritrovare una dimensione sociale, non bastano i
programmi, le idee, gli slogan, i social o i convegni. I partiti devono
anche dare risposte materiali. Quelli di sinistra particolarmente. Si
parla di aggregato liberal socialista. Non deve essere una cosa da
intellettuali o addetti ai lavori. Certo deve avere una dimensione
culturale forte e la deve diffondere con metodi capillari, i social e
non solo, i dibattiti, le discussioni, la formazione e la
partecipazione. Ma un soggetto della sinistra riformista - che oggi non
c'è, diciamolo, non basta dichiararsi tali o rifarsi a grandi passati -
deve avere una dimensione concreta e pragmatica. Agli albori erano
riformisti i promotori delle società di mutuo soccorso, delle leghe
bracciantili e così via. Organizzavano scuole per gli analfabeti,
sostegno laddove non c'erano ammortizzatori sociali, difesa degli
indigenti. Oggi cosa c'è di tutto questo? Al massimo il sostegno alle
manifestazioni o la solidarietà sui social. Ci siamo indignati per i
dipendenti di Amazon costretti a vivere nei camper per esempio. ma si è
vista qualche forza di sinistra andare lì, che so a portare almeno un
thé caldo? Non mi pare. Una volta le forze di sinistra avevano il quadro
completo delle famiglie in difficoltà nei loro paesi, oggi nelle aree
di disagio, nelle periferie è più facile trovare i neofascisti, o
peggio. Per ritrovare credibilità e rappresentanza bisogna tornare a
parlare anche con quelle persone e con i lavoratori, imprenditori
compresi, senza preconcetti e ad esserci con coerenza e costanza, partecipare alle loro difficoltà e farle proprie, come delle intuizioni,. Non
solo nello spazio delle dichiarazioni elettorali. Solo così si potrà
davvero, come disse Turati "Rifare l'Italia", rifacendo gli Italiani.
affinché, un giorno non si dica: "i tempi erano oscuri, perché voi avete taciuto"
lunedì 27 dicembre 2021
Quantunque DRAGHI
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