lunedì 27 dicembre 2021

Quantunque DRAGHI

C'è chi grida alla fine della democrazia, chi lo invoca come uomo della provvidenza, chi lo adula (oggi), chi lo esecra, pur non avendo un grammo di competenza e credibilità per farlo. A me Draghi piace. Perché è indubbiamente un competente, un generoso, un europeista serio, un razionale, non è innamorato di se stesso come altri, non ha bisogna dei social, e poi viene annoverato tra i liberal socialisti e dai fatti lo sembrerebbe proprio. E' un signore, che ha messo la sua credibilità e storia al servizio di questo paese, in uno dei suoi momenti peggiori, per la pandemia, la crisi economica e forse all'apice dello scadimento della democrazia dei partiti, e del parlamento, popolato di personaggi improbabili, squinternati, inetti, in perenne zuffa, purtroppo specchio di un paese, roso dall'invidia sociale, dal malcontento, dalle diseguaglianze e inefficienze e da una certa crassa ignoranza. La pandemia, ci ha fatto toccare il fondo e ha costretto questo sistema ad autocommissariarsi (ma non ad autoriformarsi),  per fortuna avevamo un Draghi nella manica, spero riesca a restarci il più a lungo possibile e riusciamo a mantenere un galantuomo anche al Colle. Ma prima o poi questa fase di "salvezza nazionale" piuttosto riottosa finirà e rischiamo di ritrovarci come prima, anzi un po' peggio, perché abbiamo scoperto di avere nella nostra società pezzi che ormai sono decisamente fuori centro e problemi strutturali non affrontati, tra cui la qualità della classe dirigente, la concezione della politica, il relativo impegno civico e civile e un problema demografico grande come una casa - unito alle sfide della transuzione ecologica. Bisogna  usare bene questo tempo e tornare alla politica delle cose, di nenniana memoria. I partiti devono ritrovare una dimensione sociale, non bastano i programmi, le idee, gli slogan, i social o i convegni. I partiti devono anche dare risposte materiali. Quelli di sinistra particolarmente. Si parla di aggregato liberal socialista. Non deve essere una cosa da intellettuali o addetti ai lavori. Certo deve avere una dimensione culturale forte e la deve diffondere con metodi capillari, i social e non solo, i dibattiti, le discussioni, la formazione e la partecipazione. Ma un soggetto della sinistra riformista - che oggi non c'è, diciamolo, non basta dichiararsi tali o rifarsi a grandi passati - deve avere una dimensione concreta e pragmatica. Agli albori erano riformisti i promotori delle società di mutuo soccorso, delle leghe bracciantili e così via. Organizzavano scuole per gli analfabeti, sostegno laddove non c'erano ammortizzatori sociali, difesa degli indigenti. Oggi cosa c'è di tutto questo? Al massimo il sostegno alle manifestazioni o la solidarietà sui social. Ci siamo indignati per i dipendenti di Amazon costretti a vivere nei camper per esempio. ma si è vista qualche forza di sinistra andare lì, che so a portare almeno un thé caldo? Non mi pare. Una volta le forze di sinistra avevano il quadro completo delle famiglie in difficoltà nei loro paesi, oggi nelle aree di disagio, nelle periferie è più facile trovare i neofascisti, o peggio. Per ritrovare credibilità e rappresentanza bisogna tornare a parlare anche con quelle persone e con i lavoratori, imprenditori compresi, senza preconcetti e ad esserci con coerenza e costanza, partecipare alle loro difficoltà e farle proprie, come delle intuizioni,. Non solo nello spazio delle dichiarazioni elettorali. Solo così si potrà davvero, come disse Turati "Rifare l'Italia", rifacendo gli Italiani.

Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prend...