lunedì 12 febbraio 2018

Riflessioni Sinistre

In questi giorni di forzata inattività, mi sono messo a rileggere un po' di testi, ma sopratutto ad leggermi le posizioni attuali delle forze di sinistra in campo, i loro programmi, le riflessioni dei loro capi. Devo dire che le varie sigle di sinistra, l'un contro l'altra armate, che allegramente marciano verso una probabile batosta, mi ricordano quanto diceva Turati, che parlando del Socialismo Italiano, diceva che il suo principale problema erano i Socialisti Italiani, rissosi e condannati alla scissione perpetua. Questo germe si è diffuso a tutta la sinistra italiana, arrivando a quel paradosso della sinistra
"virale" magistralmente raccontato da un Bertinotti-Guzzanti in uno dei suoi spettacoli. Se da un lato c'è un tendenza a privilegiare la forma sul contenuto, rinnovando sì i linguaggi, ma perdendo di vista la necessità di dare comunque sostanza e respiro alle proprie posizioni, non riducendole alla frenesia di ridurle a slogan, a tweet, non assoggettandole a un frettoloso qui ed ora, per l'ansia da consenso, dall'altra vi è una vetusta autoreferenzialità in una presunta superiorità morale e intellettuale, che di fatto inibisce ogni tentativo di analisi e lettura del presente e di disegno di nuove rotte, che non siano quelle già tracciate lustri fa, quando i mari erano ben diversi. In ambo i casi si produce una sinistra velleitaria, elitaria, chiusa, rappresentativa solo di determinati gruppi e di fatto dedita alla difesa di questi e non a dare una lettura del presente e un'idea di futuro. Avessimo chiesto cinquant'anni fa, ai partiti della sinistra di allora: Compagni dove vogliamo andare? Avremmo ottenuto varie risposte, alcune utopiche, altre più pragmatiche, ma avremmo comunque avuto riscontri, immaginiamo di porre una domanda simile oggi, avremmo delle risposte? E ne avremmo di comprensibili? Più probabilmente avremmo qualche imbarazzo alla parola compagni da parte di qualcuno e qualche sorriso di autocompiacimento da talaltri. 
Ho letto qualche tempo fa un bel libro di Mujica, il mitico ex presidente dell'Uruguay, paese sudamericano, che in molto somiglia all'Italia - non a caso molti nostri connazionali ci sono immigrati in cerca di fortuna.  Mujica è stato spesso additato a modello per la sua capacità di rinuciare agli sfarzi della politica, ma ci si è poco soffermati sui contenuti della sua azione. Se da un lato andrebbe preso a modello per la cortesia dei modi di porsi - quanto avremmo bisogno di cordialità nella politica italiana e di rispetto reciproco - dall'altro il suo pragmatismo e capacità di analisi sono altri due elementi peculiari, secondo me tipici di una sinistra di governo, ma assenti nella sinistra nostrana. Mujica, infatti, va ben oltre la retorica, e la sua semplicità, che vuole essere anche modo per non divenire condizionato dal Potere, ma per poter esercitarlo con il necessario distacco che dovrebbe avere ognuno che si trovasse a occupare pubblica carica (usarlo senza esserne sedotti), è corollario e non teorema. Interessante è, per esempio, scoprire che Mujica crede negli accordi commerciali sovranazionali, ritenendoli strumenti con cui evitare lo strapotere del Mercato e quindi del Capitale rispetto ai lavoratori, per questo si compiace del CETA tra Ue e Canada e auspica il TTIP (ai sinistri nostrani penso sia venuto il coccolone), spera a un rafforzamento del MENCONSUR (il mercato comune americano - un caso che TRUMP lo contesti?). Ma di fatto questa è un'ovvietà, è ovvio che se più governi riescono ad accordarsi per uno schema di regole, che  abbia lo scopo di favorire gli scambi e non alcune parti, questo consenta economie più eque, significa dare regole da rispettare alla multinazionali e su cui poterle controllare (in assenza, le multinazionali vanno molto meglio a regolarsi con i singoli governi, dei singoli Stati, spesso ben più facilmente malleabili).
Mujica poi elogia molto l'UE, ne auspica un rafforzamento, vedendola come il motore principale alla diffusione di principi di democrazia, diritti civili e sociali non che come elemento di riduzione dei conflitti nel mondo.
Mi ha poi molto colpito scoprire l'organizzazione della sinistra uruguayana: una federazione di sigle diverse, che si presentano unitariamente alle elezioni nazionali, pur mantenendo le proprie auotnome identità, seleziona con primarie interne il candidato presidente e la squadra di governo. Fantascienza.

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