giovedì 10 marzo 2022

Vis Pacem. Para Pacem

Onestamente la Pandemia non mi ha mai atterito oltre un certo limite. Ero e sono piuttosto convinto che il nostro Sistema Sanitario avrebbe retto (motivo in più per difenderlo), che la scienza medica, in qualche modo avrebbe, come è successo, trovato un vaccino o una cura (meno male che Big Pharma c'è) e sopratutto che se io e i miei cari avessimo seguito con attenzione le regole di comportamento, in modo diligente - i cultori della libertà direbbero obbediente, in segno di dileggio, ma per me su questo davvero non mi tangono - ne saremmo in qualche modo usciti. E' così sta, lentamente accadendo, pur tra le polemiche, le inutili diatribe, le strumentalizzazioni politiche e le isterie di qualcuno. Ma tant'è l'Italia, o meglio gli italiani sono anche questo, e sebbene la cosa sia un problema, non so davvero cosa possiamo farci. 

Mi inquieta, invece, ben di più quello che sta succedendo in Ucraina. Perché era qualcosa da me impensabile al giorno d'oggi. Una guerra violenta, d'aggressione, nell'Europa, Jugoslavia e Kossovo sembravano storie lontane. La guerra pareva davvero qualcosa da lasciare fuori da casa nostra. Roba quasi da primitivi, terzo mondo. Ed invece succede che la Russia aggredisce con pretesti inesistenti l'Ucraina. E ci ritroviamo con i profughi alle porte di casa, con la paura che il conflitto si allarghi. E qui io non posso fare nulla per fare andare meglio le cose. Non ci sono regole che io possa seguire per far finire questa tragedia o per impedire che peggiori, non ci sono medici a cui appellarsi. Perché paradossalmente è più razionale la pandemia di Covid 19 che non la guerra in Ucraina, o la guerra in generale. Posso dare solidarietà, soldi, beni di prima necessità, ma non ci sono regole, non ci sono davvero attività che si possano fare per contribuire a porre fine a questa cosa. Sì, si può manifestare tenere alta l'attenzione, evitare che ci abituiamo a questa guerra come ci siamo abituati al carnaio siriano, alla macelleria del Tigrai in Eritrea, dello Yemen, del Myanmar, al'Iraq o all'oppressione dell'Afghanistan o delle minoranze tibetane e youigure in Cina e così via. Ci siamo assuefatti alle dittature con cui convivere. Ecco questo lo possiamo fare, smettere di adeguarci, di abbozzare, di passare oltre. 

Non possiamo andare avanti con l'ONU modello seconda guerra mondiale, quando tra i membri permamenti del consiglio di sicurezza ci sono quelli che aprono i conflitti, con un'UE atterrita dai profughi (ci sono forze politiche italiane che anche di fronte agli sfollati Ucraini sono riusciti a fare ignominiosi distinguo), che tarda a diventare un attore globale necessario per il riequilibrio degli assetti mondiali, non possiamo andare avanti con politici che propalano disinformazione e concittadini isterici che ci vanno dietro.

Ma non possiamo nemmeno andare indietro. O svicolare. Dobbiamo inziare a chiamare le cose con il loro nome, capire che le semplificazioni faziose dei temi complessi sono pericolose, riappropiarci del linguaggio e della partecipazione. Dobbiamo tornare a prendere prendere parte. Che non significa essere DI parte. Ma essere DA un parte.

Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prend...