Le elezioni regionali in Veneto, quest'anno si sa, al di là della retorica della propaganda, hanno un esito scontatissimo. Su questo in parte abbiamo già riflettuto. E dovremo farlo particolarmente dopo la chiusura delle urne e la conferma delle previsioni. Zaia avrebbe vinto anche senza il covid, magari con una percentuale più contenuta e una maggior astensione, ma comunque non ci sarebbe stata partita. Questo nonostante i numeri della sua gestione non siano stati esaltantissimi. Con la gestione dell'emergenza sanitaria, piaccia o meno, ha acquisito stima anche fuori regione e raggiungerà un consenso elettorale strepitoso, particolarmente quello della sua lista. Consenso che, piaccia o meno anche questo, è trasversalissimo. A questo si aggiunge l'inconsistenza delle controproposte, l'incapacità di costruire un progetto alternativo credibile e di radicarlo nella regione, sopratutto l'incapacità di sintonia e simpatia con ampi settori del Veneto. D'altronde se parti ritenendo che chi vota Zaia è o un cialtrone o un disonesto o un egoista, difficilmente sarai per lui attrattivo.
Nel centro sinistra il 22 settembre non ci saranno più partiti guida, visto che il PD è destinato a poco più del 10%, non potrà più accampare primazie, e se la sorte ci assiste i 5S saranno relegati all'inconsistenza elettorale (che si unisce a quella programmatica), cosa che si spera li renda meno attrattivi al PD, che forse così. sarà più in grado di ragionare. Si dovrà ricostruire, in maniera paziente e seria, partendo dai temi, dai problemi e dalle realtà locali e dialogando, anche laddove il dialogo sarà difficile, sperando che sullo sfondo il gran successo di Zaia faccia scoppiare i contrasti con la lega Salviniana. Perché checché ne dica Lorenzoni, le leghe sono sì due, quella di Salvini e quella di Zaia, diverse, non una buona e una cattiva, perché il manicheismo in politica porta male, ma diverse, una più demagogica e una più avveduta.
La lista a sostegno della Sbrollini, animata da Italia Viva, PSI, PRI e Veneto Civico, deve avere la costanza di proseguire anche oltre le regionali, a prescindere dal risultato, deve essere il seme per ridare sostanza a una proposta riformista, per questo dovrà avere il coraggio di appellarsi anche a +Europa, e alle altre parti più progressiste del raggruppamento Lorenzoni quando questo si sfalderà (succederà fidatevi) e sopratutto ad Azione che in queste regionali è rimasta a guardare, almeno ufficialmente, e anche alla Rubinato e a tutte quelle realtà che in queste regionali sono rimaste in disparte, non trovando interlocutori.
Spero che il PSI abbia la forza e la volontà di proporre una sorta di federazione in questo senso e la nascita di un tavolo permanente di coordinamento, magari con un portavoce unico, che potrebbe essere a turno un membro delle varie forze politiche e soggetti alleati.
E mi auguro che ciò accada anche a livello nazionale, dove non mi è sempre chiara la linea PSI (non si può stare con Emiliano e con i riformisti in contemporanea), specie dopo la festa di Napoli con lo strano duetto con Bettini del PD. Certo è che è fondamentale che le forze riformiste si diano una voce unica, superando i personalismi e i campanilismi politici, altrimenti rischiamo che l'Italia abbia al sovranismo Salvin-MEloniano il Populismo Grillo-PD, vista l'ormai resa politico-culturale alla demagogia 5S del PD di Zinagaretti.
Per conto mio, nel mio piccolo, mi costasse anche scelte dolorose, non sosterrò più posizioni che non siano chiare in tal senso.