domenica 5 marzo 2023

Un grillo spaventa il sovranista. Tempi complessi e banalizzazioni nocive.

E' recente la decisione della UE di consentire la commercializzazione di alcuni prodotti alimentari derivanti dalla lavorazione di insetti. Ovviamente, come da copione c'è stata l'immediata levata di scudi delle associazioni del mondo agrozootecnico e di categoria nostrane, unitamente a varie forze politiche, per lo più di centro destra, con la nostra eroica Presidente del Consiglio in testa (sic!). Centro sinistra sostanzialmente non pervenuto. M5S si dice fosse tra il panico e il gaudioso nell'aver visto il titolo: "si può mangiare il Grillo". Tornando alle levate di scudi... è partita la solita serie di contumelie rivolte ai burocrati di Bruxelles che attaccano le eccellenze enogastroculinarie italiane, le eccellenze della dieta mediterranea e così via.

Or bene, richiamato il fatto che il consumo di prodotti con farine a base di insetti non è OBBLIGATORIO, ma è stato consentito dalla UE per alcuni prodotti specifici, che hanno ottemperato al rispetto degli standard di sicurezza alimentare comunitari - esattamente come gli altri prodotti - e ricordato che il consumo per l'alimentazione umana è diffuso in tanta parte del globo, non che il fatto che noi comprendiamo tra le "eccellenze della nostra dieta" i crostacei che degli insetti sono primi cugini, vorrei brevemente esprimere il mio pensiero sulla questione e come il dibattito pubblico che si sta sviluppando sul tema dia da un lato la ridotta cifra culturale di tanta parte della nostra opinione pubblica, anche tra chi avrebbe ruolo di classe dirigente, rivelandosi impreparato all'approfondimento di temi complessi, ma anche dia il segno vero di cosa sia la destra sovranista oggi, specchio della nostra società fissa solo sul presente, non incapace, ma non volente assumersi le proprie responsabilità verso il futuro, sostanzialmente emotiva ed egoista. Il sovranismo è questo, convincersi che standosene per i fatti propri, i problemi globali staranno fuori dalla porta, che rispondere con "a me non interessa" e magari sbertucciando e banalizzando chi pone questioni articolare su questioni che richiedono la fatica dell'ascolto e della comprensione, ed anzi assecondare le diffidenze fondate sul preconcetto alla fine risolva le questioni. Forse genera consenso, di certo rende impreparati nel momento in cui i nodi arrivano al pettine.

Il tema della sicurezza alimentare, intesa come certezza che ciascuno abbia soddisfazione del proprio fabbisogno nutrizionale, in un mondo di oltre 8 miliardi di individui, scosso da profonde crisi, dove la parte più ricca dipende anche dalle più povere per i suoi fabbisogni, non è una questione che non riguarda noi occidentali, anzi, gli studi e le evidenze che anche da qui da noi ci sono ormai tutte. 

Così come è indiscutibile la produzione di massa di carne agli attuali livelli di consumo e ancor più a quelli che sarebbero necessari per soddisfare un'analoga richiesta da parte di tutti gli 8mld di cui sopra, non sia sostenibile, in termini di emissioni di anidride carbonica e metano - quindi in termini di impatti climatici - ma nemmeno in termini di consumo di acqua e contaminazione dei suoli e della risorsa idrica. Senza contare i rischi legati ai patogeni che spesso si sviluppano negli allevamenti.

Per capirci e per evitare polemiche inutili, non stiamo parlando del piccolo allevamento di campagna dove andiamo a prendere prodotti tipici, o della macelleria sotto casa, ma degli allevamenti intensivi (di cui potremmo anche discutere del trattamento degli animali in termini di benessere), quelli che per intenderci, riempiono all'infinito, gli sterminati scaffali della grande e grande e grandissima distribuzione.

Il tema, quindi, di variare la nostra dieta per consumare meno carne - e solo di buona qualità - ed allevata in modo più sostenibile e nel contempo garantire il fabbisogno alimentare della popolazione globale ed anche il fabbisogno nutrizionale esiste, è presente ed è cogente checché ne dica il Ministro del made in Italy e i guru Slow Food. I prodotti derivanti dagli insetti possono essere una risposta a una questione così articolata e complessa? Assolutamente sì. come lo possono essere le alghe, e, forse più avanti i cibi sintetici, su cui è partita la medesima pantomima

Buttarla, come si dice a Roma, in caciara come fanno ormai abitualmente varie associazioni categorie e molto spesso dalle parti del centro destra italiano, magari permette di avere ritorni di consenso nell'immediato, ma è un esercizio miope ed egoista che serve solo a far perdere tempo alla conversione verso modelli di produzione alimentare più sostenibili, più adeguati ad un mondo con meno risorse e più bisogni e ad impedire l'insediamento di nuove attività, in linea con le esigenze che ci si parano davanti, rendendoci più vulnerali domani. Rischiamo un domani non lontano, in cui una buona dieta sarà un privilegio. E questo lo dovremo al modo in cui affrontiamo i problemi oggi.





venerdì 3 marzo 2023

Calici amari e lunghi cammini

Con una decisione personale non facile, ho ritenuto di chiudere la mia permanenza nel PSI. Ritengo sia un'esperienza esaurita, nei 5 anni dal 2018, quanto mi reiscrissi per portare un modesto contributo alla ristrutturazione dal basso del centro sinistra, mi sono trovato in un contesto sostanzialmente esangue, rivolto costantemente al passato, avvinto da beghe inspiegabili, incapace di produrre novità, anzi, con la capacità pervicace di ostacolarle. Si veda per esempio il travaglio delle Regionali Venete. Tutto ciò nonostante l'indubbia generosità e vitalità intellettuale di taluni compagni, cui vanno la mia stima, affetto e ammirazione. Da ultimo, dopo il disastro del 2022, anziché produrre finalmente una profonda riflessione, per far si che non si fosse sostanzialmente un'associazione reducistica, si è scelta una inspiegabile centralizzazione, con epurazioni, per altro malcondotte. E singolari riallineamenti a livello locale. Nel corso del tempo le mie motivazioni sono scemate, così come l'entusiasmo e l'impegno. Ma la convinzione della necessità di partecipare alla vita pubblica del centro sinistra, per ricostruire una prospettiva culturale, programmatica, politica e organizzativa diversa all'umore generale e al sovranismo dilagante, non è mai stata messa in forse. 

Ecco perché non ho potuto che fare l'unica, seppur difficoltosa cosa logica. Nel centrosinistra esiste, nonostante le batoste, un solo soggetto politico effettivamente (ancora) seppur malconcio, strutturato, che ha una funzione e una dimensione ancora sufficiente ad espletare un ruolo. Ed è il Partito Democratico, certo in crisi profonda, in contraddizione, frastornato. Piaccia o meno, però, è quello che c'è. Ormai è chiaramente nel PSE, e, ribadisco, la fisionomia politica che esso si da, determina l'espressione del socialismo europeo in Italia. Insomma il GP di formula 1 lo fai con Ferrari se ce l'hai, altrimenti corri anche con la 500 se non hai alternative.

Mi sono pertanto deciso all'adesione per poter partecipare al dibattito congressuale. Non vi è stato granché, v'è da dirlo, qualche discussione via social, ho partecipato ad un poco entusiasmante congresso  zonale, mi sono letto le mozioni.

Ho ritenuto di sostenere Bonaccini perché ha tracciato chiaramente  l'identità che secondo lui debba avere il PD: laburista socialdemocratica, con tanto di citazioni di Pertini e soprattutto Turati. Una piattaforma solida, forse non entusiasmante, ma credibile, ha cercato - errando forse - di far ragionare, più che emozionare. In una società emotiva e in un contesto dove a sinistra piace tanto la retorica, un azzardo.

Infatti è andata come è andata. La riduzione degli iscritti ha reso le primarie un'incognita e alla fine è stata premiata la proposta simbolicamente apparsa di maggior cambiamento, a prescindere dai contenuti: pazienza se il background di Bonaccini è ben più di sinistra di quello della Schlein e che quest'ultima su molti temi è apparsa fumosa. Dal punto di vista simbolico emozionale è stata sicuramente più efficace. Si è voluto dare un segnale. A chi non si sa, forse a se stessi.

La sua elezione comporta una destrutturazione del PD in qualcosa di più fluido, meno strutturato e strutturale, insomma più movimento che partito, con un'identità di sinistra lata, movimentista, velleitaria su alcuni temi e per me retorica. In un momento in cui secondo me, invece, servirebbe riavere un partito che sappia essere organizzato, costruire gruppi dirigenti solidi e tradurre in politiche le istanze dei suoi interlocutori sociali, che dovrebbero essere le fasce più in difficoltà, quelle più vulnerabili alle varie crisi e quelle più esposte alle ripercussioni delle future transizioni.

Ovviamente, mi sono messo in gioco e accetto il verdetto, cercherò di dare il mio contributo alla discussione, pur sapendo che su molti temi la mia distanza con il nuovo corso è siderale. Mai saputo emozionare io, sempre stato aridamente pragmatico, penso che oggi serva certamente empatia, ma anche concretezza, non solo belle parole. Vedremo. Io ritengo sarà una fase alla Corbyn, ovverosia entusiasmante per i supporters, ma incapace di interlocuzione con fasce più ampie. Il mio intento è quello di restare, esprimere il mio pensiero, sostenere una posizione vogliamo chiamarla socialista riformista? Certo. Insomma fare quello che si può, tenere una linea e seminare il domani. Nell'unico luogo in cui, io ritengo, allo stato attuale delle cose, sia utile, sia sensato, sia proficuo farlo, perché davvero adesso, nostalgie e velleitarismi sono lussi non più sostenibili.

Che fatica però.

Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prend...