giovedì 31 agosto 2023

L'Unità ed altre illusioni

Mio malgrado devo ammettere che mi trovo sostanzialmente d'accordo con quello che scrive Macioce sul Giornale. Che le feste del PD continuino a chiamarsi dell'Unità, quando non c'è alcune legame col rifondato giornale, che non è organo del partito, è semplicemente sintomo delle contraddizioni del Partito. Che mi paiono parossistiche ormai. Scrivo qui, perché come sempre, non saprei dove poter manifestare questo mio pensiero, visto che "nel" partito non si discute e non ci si riunisce, le adunate ci sono solo al convegno di turno a sentire i "dirigenti" che non si capisce dove abbiano elaborato le lor asserzioni, visto che la "base" non dibatte, se non in insopportabili ed autoreferenziali chat, gli iscritti servono solo per volantinaggio e appunto per "servizio" alle feste. Si badi attività nobilissime, che ho fatto per anni, ma che dovrebbero essere, a mio avviso, complementari all'impegno di un iscritto ad un partito, assieme al dibattito, alla formazione, all'elaborazione, alla propaganda. Così non è. 

So che qualche amico e compagno Democrats potrebbe aversene a male di questo mio contestare la denominazione delle feste di partito, specie quelli di ascendenza PDS, ma bisogna ammettere che l'Unità era il giornale del PC, come l'Avanti! del PSI. Finite quelle due storie, finiti i giornali. Per entrambi le continue riesumazioni delle due testate sono solo nostalgie, che talvolta sfoggiano nell'oltraggio (non trovo oltraggiosa l'operazione di Sansonetti sull'Unità, solo inopportuna. L'Unità non ha senso senza il PCI, non si può farne l'ennesimo giornale d'opinione di Sinistra).

Per questo penso che le feste del PD andrebbero ridenominate, così come il PD stesso forse, anzi forse sarebbe ora di fare qualche azione più profonda di una mera ribrandizzazione.  


Il NON luogo chiamato festa dell'Unità

di Vittorio Macioce - il Giornale

    Sembra solo un fastidioso caso di omonimia. L'unità non è l'unità. È un equivoco, un inghippo, un veto, un contenzioso, un non riconoscimento, una festa senza identità, un giornale rinnegato. Elly Schlein quel quotidiano non lo vuole neppure vedere. Per lei è un falso. È così che per tutta l'estate l'Unità è stata messa al bando da tutte le feste dell'Unità. È roba reietta. Quel foglio ha un direttore come Piero Sansonetti, un vecchio rifondarolo ormai apostata con il peccato per nulla veniale di fare del garantismo una bandiera. Questa è un'antipatia epidermica, ma c'è un contrasto molto più profondo. È quella con l'editore Alfredo Romeo, uno che l'anima giacobina del partito sospetta di aver messo le mani sulla città, ma soprattutto così poco allineato da aver messo l'altro quotidiano, il Riformista, nelle mani ingombranti di Matteo Renzi. Matteo, l'arcinemico, quello che ha portato il Pd al 40 per cento e poi con la scusa di rottamarlo lo ha privato di ogni nostalgia. È quello in fondo il suo reato più grande. Solo che senza Renzi una come Elly Schlein non sarebbe mai diventata segretaria della ditta. Elly non lo sa ma lei esiste perché prima c'è stato Matteo. Non lo ammetterà mai e per questo vuole cancellare ogni traccia.

    Ora è vero che il Pd è da troppo tempo il partito deluso e disilluso, solo che in questa estate degli equivoci si sta davvero incartando sulle proprie origini. Perché la festa del Pd si chiama dell'unità? È, a pensarci bene, la cicatrice di una svolta che forse a livello culturale non c'è mai stata. Il Pd non ha più nulla del Pci. Non ne ha la ragione sociale e neppure la forza popolare. Quello che resta è una patina ideologica senza radici. La Festa dell'Unità, quella vera, nasce in Lombardia, a Mariano Comense e Lentate sul Seveso, il 2 settembre 1945. La guerra è finita da pochi mesi. L'idea è una «grande scampagnata», come si legge nel primo manifesto, per finanziare il quotidiano di partito. I primi ospiti sono Giorgio Amendola, Luigi Longo, Emilio Sereni e Giancarlo Pajetta. Ci sono le bandiere rosse e la falce e martello. Questa estate a Reggio Emilia le bandiere erano tutte rosa, in onore di Barbie. Il Pd poi è un mezzosangue, nasce come mutazione di ciò che restava della Dc e del Pci. È la versione globalista dei fantasmi dei due grandi partiti popolari italiani. È, di fatto, un non luogo. A questo punto conviene archiviare la festa dell'Unità e rispolverare quella democristiana dell'Amicizia. Il senso sarebbe lo stesso.

martedì 22 agosto 2023

il granchio populista

Il granchio blu è il tormentone dell'estate 2023, come la siccità lo era nel '22 (lo sarebbe anche quest'anno, ma una diversa distribuzione delle piogge e l'alluvione dell'Emilia ha dato l'impressione che il problema non sia più così urgente, sebbene lo sia ancora e per davvero, solo desta meno attenzione mediatica... per ora), ed anche questo è un vero flagello, vorace, aggressivo, invasivo, prolifico, sta facendo strage della fauna locale, particolarmente di molluschi vari, mettendo in crisi diversi comparti del settore ittico e della mitilicultura, non che interi ecosistemi. Il problema è particolarmente serio nelle aree umide come la Laguna di Venezia  ed il Delta del Po dove il crostaceo sembra aver trovato l'habitat ideale, ma da più parti ormai delle coste italiane si segnala la problematica. A dire il vero qualcuno aveva lanciato l'allarme già un paio di anni fa, ma non era stato granché preso in considerazione. 
Ora la situazione è drammatica, con pescatori che tornano carichi di granchi e mitili rischiano di sparire, in particolare la cozza nostrana, il Mytilus galloprovincialis, che si avvia a fare la fine della vongola verace (la Tapes decussatus - quella volta fu a causa nostra, in favore della più ghiotta T. filippinarum - oggi preda del granchio). Mondo ambientalista, categorie della pesca e studiosi preoccupati. Il dibattito mediatico è, però, come spesso accade in questo paese surreale. Qual é la risposta della politica? "Magnemosei" - mangiamoceli. Se non ha predatori, diventiamo noi il loro predatore, che in questo campo non siamo secondi a nessuno. Abbiamo così visto Zaia portarsi un granchio blu in conferenza stampa, il ministro Lollobrigida fare un comizio, mentre ne lessa un po' e poi la solita schiera di cuochi, che ormai appaiono ovunque e sempre (diversamente dai virologi che almeno sono stagionali o solo pandemici) e su qualsiasi argomento, per spiegarci come cuocerli al meglio o se si debbano o meno considerarli degni del titolo di eccellenza italiana. 
Poi ci sono le richieste di soldi, ristori per i pescatori, fondi per il contrasto alla specie, tutto in un susseguirsi di dichiarazioni più o meno grossolane, più o meno demenziali e di banalizzazioni e semplificazioni disarmanti.
It's populism baby! Risposte semplici e frettolose a problemi complessi, perché prima parte la bocca e poi il cervello. Perché è alla pancia, stavolta letteralmente, che dobbiamo rendere conto.
Ed invece il tema è complicato e richiede razionalità. I granchi blu sono nelle nostre acque da decenni, ma sono sempre stati marginalissimi. Perché da un paio d'anni hanno cominciato a diventare sempre più numerosi fino all'esplosione di quest'anno? Cosa è cambiato negli ecosistemi marini? Ecco cosa si dovrebbe capire. C'entra il cambiamento climatico? C'entra qualche fenomeno locale? Vi è stata una variazione delle correnti marine? C'entra la pesca? L'esaurimento di altri stock ittici? E sopratutto come la si affronta? Anche qui i media ci mettono la loro a fare confusione... è bastato vedere un ibis sacro (che per la cronaca è un altro mezzo invasore che sta iniziando a stanziarsi qui - come mai?) mangiarne uno, ed ecco che si è subito trovato l'antagonista al pernicioso crostaceo. Semplificazioni pericolose. Serve capire come riportare sottocontrollo la popolazione del granchio blu e cosa ne abbia provocato l'esplosione e per farlo si devono investire risorse in ricerche - SERIE - non per fare spot e poi ripensare davvero il rapporto anche con le attività di pesca, soprattutto in prospettiva futura. Adesso c'è bisogno di serietà.
Bisogna far comprendere che il tema è complicato e non c'è bacchetta magica, capire che nel Mediterraneo stanno avvenendo cambiamenti repentini, che richiedono piani di intervento coordinati, quindi, altro che sovranismi, localismi e compagnia bella, mai come ora necessita la collaborazione tra soggetti e categorie diverse in un contesto razionale, supportato da adeguate conoscenze tecniche e scientifiche. Altro che populismo.

E per la cronaca, ai fans del "magnemosei", mi permetto di ricordare che i granchi blu, fanno parte phylum Arthropoda, in particolare subphylum Crustacea. Sono primi cugini del subphylum Hexapoda, quello degli insetti. Giusto per ricordare un'altra campagna demenziale dei populisti di qualche mese fa, che in quel caso era "magnevei".

Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prend...