lunedì 22 ottobre 2018

A preoccuparmi sono solo i Fan Club

Una memorabile battuta di Woody Allen diceva: non ho nulla contro Dio, è il suo fan club che mi preoccupa. Per quel che mi riguarda la cosa vale per ciascuno dei politici italiani. In questi giorni si sono susseguite convention grilline in piazza, Leopolde, Salvinate e kermesse di questo o quel leader o aspirante tale.
 Tutte sono caratterizzate da folle, più o meno grandi, convinte dell'assoluta superiorità del loro capo, rispetto agli altri. Della sua integrità etico-morale e delle sua superiorità in tal senso rispetto agli altri, e per trasposizione, quindi, anche della propria, se seguono il leader migliore, anche loro sono i migliori. Gli altri sono indegni, disoneste, incapaci. E quelli che li seguono nella migliore delle ipotesi dei rimbambiti che si sono fatti turlupinare. Per questo gli altri vanno derisi e delegittimati. Per questo i linguaggi devono essere aspri e forti, va coltivata la convinzione di ogni fazione di essere la sola a possedere valori e il merito di gestire il paese. Ormai è un'escalation. Che può portare a sbocchi imprevedibili, o drammaticamente prevedibili, in ogni caso alla "balcanizzazione" della società Italiana. E forse europea, visto che il fenomeno sempre interessare anche altri paesi, che fino a ieri reputavo più sensati del nostro. 
Io credo non bastino solo i contenuti per essere alternativi, ci vogliono anche i linguaggi e gli stili. In un quadro politico d'urlatori e infangatori, servirebbe fermezza, pacatezza, mitezza. Mitezza non è mollezza. E' la calma dei forti. La perseveranza dei sensati. Certo, il clima porta ad essere faziosi e acrimoniosi come gli altri, ma proprio per essere credibili ed essere davvero alternativi bisogna coltivare un atteggiamento diverso, la cortesia e l'educazione come segno distintivo e come alterità. Forse nell'immediato non pagherà. Ma alla lunga il chiasso scemerà e la voce ferma di chi cerca di dire le come sono e a porre un ragionamento su come potrebbero essere, sarà sentita, se si avrà la perseveranza di continuare la propria posizione. Ecco io credo che si dovrebbe davvero provare a essere #altracosa in questa baraonda. Perché alla fine tutti cercano di allontanarsi dal caos per andare verso la stabilità. Le idee certo. Ma non scordiamo i linguaggi.

sabato 13 ottobre 2018

Io non ce l'ho con gli stranieri, purché se ne stiano a casa loro

Probabilmente ha ragione  il ministro Salvini (sic!) quando dice di non essere razzista e che non lo è nemmeno l'Italia che rappresenta, o almeno lo è solo una parte, di certo l'Italia pentaleghista è sicuramente ipocrita e xenofoba. Ipocrita, perché quando per bocca del "capitano" dice che ogni straniero che viene qui regolarmente, lavora, paga le tasse è nostro fratello, in realtà mente. Anche quello straniero lì gli da po' fastidio, in quanto straniero. Se poi è un africano o un arabo, il po' diventa tanto. A prescindere. A prescindere se  siano o meno educati, rispettosi delle norme. Sono stranieri punto. Se sono qui, rubano risorse nostre. E quindi se io sono in difficoltà probabilmente la colpa è loro. Perciò che siano arrivati regolarmente o meno o conta poco, qua non ci devono stare, l'integrazione NON la vogliamo, anzi, più li emarginiamo meglio è, così capiscono che se ne devono andare, oppure cominciano a delinquere, che va bene lo stesso, perché così possiamo dire che gli "stranieri rubano" e abbiamo argomenti in più per far propaganda e per mandarli via. Il caso LODI è emblematico di questa cultura. E di questo tempo. Nel nome di uno zelo amministrativo e di volontà di "controllo e trasparenza" a tutela degli Italiani (considerati su base etnica si badi, non giuridica), dichiarando presunte vie preferenziali che gli stranieri avrebbero per l'accesso ai servizi comunali - quando in realtà devono presentare l'ISEE esattamente come gli italiani, m'invento una documentazione di difficile reperibilità e nel frattempo applico un trattamento esplicitamente sfavorevole. E creo divisioni odiose, tra i bambini, tra chi può andare in mensa, chi può fare merenda, chi può salire sullo scuola bus. Ma ciò non è casuale. Vado a colpire la fase scolastica. Vado a colpire l'infanzia, vado a ostacolare i momenti classici della socializzazione tra i bambini. Ossia vado a colpire laddove avviene l'INTEGRAZIONE quella vera, quella che avviene tra soggetti, i bambini appunto, che ancora non hanno recepito i preconcetti culturali degli adulti, che appunto non vedono stranieri e italiani, ma soltanto "bambini". Lo scopo, nemmeno tanto velato, è questo. Io mi auguro che a Lodi, non siano solo i genitori stranieri a protestare, ma la loro protesta sia sostenuta anche dai genitori italiani e che questo costringa l'amministrazione comunale - LEGHISTA guarda caso - a rimangiarsi questo provvedimento, che non è affatto animato dalla volontà di gestire bene le risorse pubbliche o da spirito di equità sociale, ma semplicemente di bloccare la possibilità che sorga una generazione d'Italiani dalla pelle di molti colori, dalle molte tradizioni, dalle molte origini, nel nome di una Italianità, che non solo non esiste, ma non è nemmeno esistita. 
Io non sostengo l'integrazione nel nome del "buonismo di sinistra", ma semplicemente perché è l'unica via per una convivenza proficua, per un progresso comune e per gestire un processo che piaccia o meno è inesorabile per una specie che si avvia a essere composta da 10miliardi di individui e che può spostarsi rapidamente da un capo all'altro del pianeta, un pianeta con una distribuzione non certo perequata di risorse e ricchezza, un specie che deve al "meticciato" il suo successo evolutivo e non all'arianesimo. 
Ecco perché l'ipocrita e strisciante apartheid che si sta affermando a Lodi, va denunciata con vigore, contestata con forza, rifiutata con determinazione, lasciare che certi principi si affermino, significa iniziare a rotolare in un piano inclinato pericolosissimo.

lunedì 8 ottobre 2018

ripartire da 11

Finalmente qualcosa su cui ragionare. Trovo importante che Libertà Eguale abbia elaborato 11 tesi come base di discussione non solo per il dibattito interno in corso nel PD, ma anche per una discussione nel più ampio, seppur frastagliato e disomogeneo, campo del centrosinistra riformista. Il documento presenta una limpida e coerente critica sulla stagione "riformista", ossia sui governi della passata legislatura, evidenziandone le mancanze, in particolare in termini di organicità della proposta, capacità di socializzare le riforme intraprese e di mantenere un rapporto stretto con le esigenze delle diverse fasce sociali, non che di essere efficaci nel dare risposte a talune contingenze. Ovviamente  espone quelli che comunque sono stati effetti positivi di tale fase, ma purtroppo sprecati nel dibattito generale. Vi è una lucida disamina della questione immigrazione - da Sinistra - e un richiamo all'europeismo, non di maniera, certo con slancio ideale, ma soprattutto concretezza e pragmatismo nell'evidenziare come le attuali incoerenze UE, la recalcitranza dei governi riformisti europei a rendere più compiuto l'edificio dell'Unione, siano causa del malcontento crescente verso di essa, o comunque, utile argomento di propaganda dei populisti. Si fa un profondo richiamo all'innovazione e al potenziamento dell'Istruzione, finalmente esplicitando a chiare lettere che esiste anche un problema culturale in questo paese. Il documento delinea un'idea di futuro e un orizzonte verso cui elaborare una strategia politica, ovverosia offre il perimetro culturale e ideale in cui muoversi, traendo linfa - e non si può non esserne soddisfatti leggendolo - dalla feconda produzione politico-culturale della tradizione della sinistra riformista italiana di marca liberalsocialista, culminata nell'1982 nella conferenza di Rimini del PSI, in cui si coniò l'azzeccata formula dei "meriti e bisogni". E' dunque nel saper creare una società che risponda ai bisogni collettivi e individuali, ma che sappia valorizzare l'impegno e il talento, quello su cui dovrebbe fondarsi una nuova prospettiva di medio lungo periodo di tipo riformista. 
Certo, il testo richiede una "traduzione" al fine di non apparire elitario, e certo non propone in modo netto una strategia organizzativa, avendo ancora una certa fiducia nella ripartenza del partito democratico, di cui però, non tace le problematiche di azione. In una fase convulsa come questa, dove sembrano ancora prevalere stanche liturgie, rivalse e rivalità personali, logiche di gruppo logore, avere finalmente un punto di partenza per discutere di temi, per tornare ad avere qualcosa di dire al Paese o da approfondire e concretizzare è indubbiamente già qualcosa. Qualcosa da cui partire, o qualcosa su cui confrontarsi nel merito. Finalmente si può, per lo meno, fare qualcosa.

Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prend...