mercoledì 11 novembre 2020

Cicale e Formiche


Ho recentemente finito di leggere la "Società Signorile di massa" di Luca Ricolfi. Al di là delle convinzioni di ognuno o dell'opinibilità che si può avere sulle conclusioni dell'autore, va sicuramente reso merito per lo sforzo di cercare di descrivera la situazione attuale della società italiana, da un punto di vista socio economico, l'autore non da giudizi morali o etici, anche se implicitamente le sue osservazioni li suscitano nel lettore, o almeno a me. Partendo da diversi indicatori, Ricolfi descrive la società italiana come una società opulenta e "sazia" dove sostanzialemente si preferisce la rendita al redditto. Questo è possibile grazie alla forte patrimonializzazione accumulata dalla generazione post bellica (i boomer) e in misura molto parziale dalla successiva (la X, la mia), su cui di fatto campano le successive. Tale società si caratterizza per la presenza di più persone che non lavorano (disoccupati, pensionati, gli inoccupati NON in cerca di impiego), rispetto a quelli che lavorano, stagnazione economica, bassa produttività, patrimonializzazione diffusa e quella che lui chiama "struttura paraschiavistica" ossia, usando termini d'antan un sottoproletariato che si occupa delle mansioni più scomode, che in Italia, piaccia o meno, per tanta parte sono svolte da manodopera straniera. Ricolfi vede in questo senso l'Italia come un caso particolare, non riscontrando in nessuna altra nazione tutti i caratteri socioeconomici italici, anche se vi sono altre entità nazionali sulla "buona strada". Si badi, questo non significa che la società italiana, sia una società dove il benessere è egualmente distribuito, anzi, Ricolfi evidenzia come non sia affatto così, vi sono disparità crescenti e una sottoclasse, fatta di meno abbienti italiani e stranieri, in perenne difficoltà, e in crescente ostilità. Tra gli aspetti patologici di tale situazione vi è la spesa per gioco d'azzardo, che in Italia, vale più della spesa sanitaria, con tutti gli elementi che questo comporta, la costante dipendenza dei giovani rispetto ai genitori, che spesso sfocia addirittura nel mancato interesse alla ricerca di "una posizione", con conseguenze che si avranno negli anni a venire - non lontani - quando il combinato disposto della crisi demografica - figlia della stagnazione e delle diseguaglianze sociali e di politiche adeguate - e la bassa produttività renderanno insostenibile il sistema pensionistico. Tra gli altri aspetti patologici che l'autore evidenzia vi  è che sebbene la nostra società sembra si sia "liberata dal lavoro", il tempo recuperato non è dedicato all'intelletto o all'ozio ristoratore, ma deve essere riempito con l'apparenza. Da qui si evince perché siamo il paese con più cellulari, che usa internet per svago e social e non per studio e così via. Il ritratto è impietoso, ed è chiaro che per una società che preferisce scaricare altrove i suoi problemi e responsabilità non è piacevole. Ricolfi individua nei tratti salienti dell'individualismo italico alcune delle radici di questa situazione e nella iperburocratizzazione normativa del paese (spesso nata da buoni intenti di lotta alla corruzione, per la trasparenza etc etc) per quanto concerne lo stallo produttivo. Fatto sta che a lungo il quadro non sembra sostenibile. Cosa che penso anche io, e serva una netta inversione di tendenza anche con azioni che rivestano una diversa distribuzione delle risorse, innovazione del paese e anche una certa battaglia culturale ed etica.
Singolarmente Ricolfi vede come antitesi italiana la società Istraeliana, dove vi è un coinvolgimento collettivo nello sviluppo del paese, una maggior redistribuzione delle ricchezze e una mitigazione dell'eccesso di patrimonializzazione, insomma l'autore non lo dice, ma lo dico io, ma un antidoto al quadro è un po' di sano socialismo pragmatico.

Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prend...