mercoledì 4 luglio 2018

Dignità, ma con moderazione

E' arrivato il decreto dignità, di fatto il primo provvedimento concreto di questo Governo al di là degli annunci. Tralasciando la, per me, stucchevole retorica di Di Maio, che a partire dal nome investe il provvedimento, entriamo nel merito dei contenuti e delle reazioni. L'aver contestato i numeri ISTAT sull'occuazione non è certo buona premessa, visto che i numeri sono numeri. E credo che tra retorica e ideologia manchi una seria ricognizione dello stato dell'arte sul tema e una conseguente riflessione approfondita che permettesse di produrre provvedimenti in grado di ampliare tutele e affrontare quei settori del mercato del lavoro, dove parlare di precariato è quasi eufemistico. Si rischia, perciò, un'azione impulsiva, propagandistica, ma negativa nel concreto come lo è stato per i Vaucher. Va detto, infatti, che nell'uso del tempo determinato l'Italia non è un'anomalia, collocandosi su valori assolutamente raffrontabili a quelli di altri paese europei, ritenuti esempi di buona occupazione. Forse si doveva mirare altrove. E magari riflettere, come suggerisce Piero Ichino, se la "dignità" al lavoro la dia la durata piuttosto che altre condizioni. Da segnalare poi che la norma vale solo per il settore privato e non per il pubblico... ma se dignità deve essere, non dovrebbe essere per tutti?
Il provvedimento, che si configura in parte come un decreto omnibus, visto che contiene sia norme che riguardano i contratti di lavoro, che il tema della ludopatia, (in questo senso pratica non proprio innovativa), lo split payment etc, ha come nocciolo l'avvio della modifica del decreto Poletti e del Jobsact, in particolare per favorire il lavoro a tempo indeterminato. Per questo si modifica il meccanismo, in senso restrittivo dei contratti a tempo determinato. E si interviene sul lavoro in somministrazione "gli interinali", tralasciando, però, settori ben più precarizzati. Le reazioni sono contrastanti. "L'Avvocato Martino, vice presidente AGI (Associazione GiusLavoristi Italiani), sul Decreto Dignità: “Il decreto legge costituisce un primo, timido passo, diretto a contrastare la precarietà generata dal cosiddetto "decreto Poletti" del 2014 ed a rafforzare le tutele in materia di licenziamenti illegittimi gravemente indebolite dal decreto legislativo che ha introdotto il cosiddetto contratto a "tutele crescenti". La reintroduzione delle causali nel contratto a tempo determinato e nella somministrazione a termine ...è infatti un dato senz'altro positivo, in quanto tende a ricondurre queste tipologie al loro naturale ambito, quale disegnato dalla stessa normativa comunitaria: quello cioè di strumenti non ammissibili per sopperire ad esigenze strutturali delle imprese.
Così non è stato con il Jobs Act, tanto che oggi, finito l'effetto dopante della decontribuzione prevista per le assunzione a tempo indeterminato, oltre il 90 per cento delle assunzioni avviene a termine, e queste vengono reiterate senza vincoli, salvo l'attuale limite di 36 mesi.
L'obiezione secondo la quale la misura rischierebbe di incrementare il contenzioso è strumentale e speciosa: se le aziende rispetteranno le regole ciò non avverrà di certo. Peraltro ricordo che la gran parte del contenzioso di massa che aveva intasato i nostri tribunale negli anni passati, era prodotto dai comportamenti assai poco virtuosi adottati da qualche grande azienda pubblica. Basta non ripetere gli errori del passato e nulla accadrà sul piano del processo del lavoro.
Il limite della nuova normativa è invece quello che essa non si applica ai contratti di durata inferiore ai 12 mesi, e dunque alla maggior parte di essi. Rappresenta un'inversione di tendenza anche l'aumento dell'indennità da corrispondersi al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, anche se va detto che la misura, muovendosi all'interno della logica del decreto legislativo n. 23/2015, non è sufficiente perché non riporta le tutela reintegratoria al centro del sistema.Parimenti criticabile è il fatto che siano state espunte dal decreto le annunziate misure relative sia allo staff leasing sia ai riders."
Per qualcuno il fatto che l'AGI sia a favore è dovuto all'incremento di contenziosi che si pensa la norma potrebbe produrre. Non siamo Andreottiani, per cui cercheremo di non pensar male.

Positivo il commento di Fassina (!) e sostanzialmente lo è anche quello della CGIL, in quanto vedono norme per la riduzione del lavoro "precario", pur temendo la reintroduzione dei Vaucher. Decisamente negativo quello di confindustria e di vari commentatori, che vedono il tutto come un nuovo irrigidimento delle regole, oltre che ennesimo caso di normazione compulsiva.
Personalmente trovo ci sia troppa enfasi su un provvedimento che, di per sé, non è una rivoluzione copernicana e che il passaggio in parlamento potrebbe molto edulcorare. Di sicuro c'è che di nuovo questo paese in pochi mesi cambia le regole del mercato del lavoro. E non vi è nulla, come  la mutevolezza del quadro legislativo, che scoraggi gli investimenti. Mi pare, poi, anche che disincentivare il lavoro determinato, riducendo rinnovi, reintroducendo il tema causali (giustamente abolite - essendo solo una pratica di scarso valore concreto) e innalzando il costo del lavoro, sia l'esatto contrario di ciò che ci servirebbe, anche perché potrebbe portare a una contrazione del salario netto durante i successivi rinnovi e favorire la "sostituzione di lavoratori" non più rinnovabili. Ossia, se non ti posso fare un altro contratto, prendo un altro A contratto. Aumentare poi l'indennità di licenziamento, potrebbe avere l'effetto contrario del desiderato, scoraggiando le stabilizzazioni.  Non so giudicare le misure come l'abolizione degli split payment e lo spesometro, anche se ritengo che regole mutevoli favoriscano le economie semisommerse. Non so se questo aiuti o meno l'evasione, ma per alcuni è così.
Potrebbe essere positivo il passaggio sul disincentivo al gioco d'azzardo anche se qui credo lo Stato dovrebbe fare una profonda riflessione: ovvio che è bene evitare il proibizionismo assoluto sul gioco, perché si favorirebbero economie criminali sommerse che andrebbero a occupare il settore, ma è anche vero che nel corso degli anni si è assistito a un proliferare dei giochi e della loro reclamizzazione, che ha palesi colpe nelle ludopatie, specie giovanili; è vero che l'incasso per lo Stato è alto, ma il costo sociale pure, indubbio che sul tema si debba intervenire, senza ipocrisia e con pragmatismo e coerenza.
Suggerisco (mi illudo che qualcuno legga quello che scrivo e lo reputi di una qualche sensatezza - ormai vivo in una realtà parallela dove sono una sorta di ideologo della Sinistra Riformista Anarco Liberal Proletaria) al centro sx di non fare una battaglia mortale sul decreto Dignità, ma segnalarne le magagne, la retorica, ed evitare di votarci contro in parlamento, meglio un'astensione. Questo perché nel decreto ci sono alcuni aspetti, su cui,  pur motivato, un voto contrario non sarebbe compreso e sopratutto sarebbe di ardua esplicazione, ma facile strumentalizzazione. Fatto salvo stravolgimenti in aula, perché va detto che da questo provvedimento Salvini si è tenuto distante e più di un mugugno è giunto dalla Lega, per cui non mi stupirei di vedere qualche colpo di scena tutto interno alla maggioranza durante l'iter alle camere.
Infine, il centro sx è bene risolva le sue contraddizioni sul tema Lavoro, elabori una sua piattaforma organica di proposta, che tenga conto delle problematiche in essere e di quelle che verranno, non che delle opportunità future, che ci armonizzi con i sistemi europei più funzionali e funzionanti, che riveda il Job Act in chiave non anti o filo Renzi, ma cogliendone i limiti e riprendendone gli aspetti positivi. Insomma elabori una strategia vera, una proposta forte che non sia propaganda, retorica o scimiottamento altrui. Magari è l'occasione per ricostruire un'identità, un'appartenenza, uno scopo e una rappresentanza.

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