domenica 5 maggio 2019

deserto democratico

Ho letto in un quotidiano locale qualche giorno fa che ben sei comuni della provincia di Padova, impegnati nel rinnovo delle amministrazioni locali, hanno un solo candidato a Sindaco e, quindi, hanno il problema del raggiungimento del quorum, pena il commissariamento. Facendo una rapida ricerca, il problema è presente anche in altre realtà della penisola, addirittura in qualche comune nemmeno si è trovato UN candidato, con conseguente commissariamento fino al prossimo "tentativo" elettorale. La cosa dovrebbe fare seriamente riflettere perché è un altro dei più evidenti sintomi della patologia che ormai affligge la democrazia italiana. Alla faccia dei nuovisti, nazionalisti, moralisti vari che con la retorica della partecipazione e della demonizzazione delle elites hanno avvelenato il dibattito pubblico in questo paese. L'impegno pubblico è diventato in primis una colpa. Chi si occupa di politica diventa "sporco" a prescindere. L'ho sperimentato personalmente, ricordo bene, quando la prima volta da semplice candidato consigliere comunale, in piazza a volantinare, venivo apostrofato male da più di un passante come membro della "parassitaria politica" - usando un eufemismo - e stiamo parlando di quasi 20 anni fa. Oggi è molto peggio. Si è poi aggiunto che l'impegno politico, non va retribuito. Certo si era arrivati a degli autentici scandali con i ristori dei rappresentanti istituzionali a vari livelli, compresi i più bassi, per non parlare delle cariche nelle società pubbliche varie. Ma come sempre si è esagerato. Adesso le cifre sono decisamente irrisorie. Non si riflette che chi si impegna nella cosa pubblica deve sottrarre tempo alla propria attività lavorativa, talvolta completamente. Credete che stare 5 anni a fare il sindaco consenta poi progressi di carriera? E' chiaro che a questo punto solo benestanti particolarmente filantropi e idealisti (oppure pericolosamente interessati), pensionati, disoccupati, sfaccendati, sprovveduti, o irriducibili animati da spirito democratico, si cimenteranno nella gestione pubblica. Ovviamente dopo aver superato lo scoglio delle difficoltà croniche di carenze strutturali ed economiche che affliggono molti enti locali, la spesso immeritata e comunque esasperata pubblica ostilità verso chiunque occupi una carica pubblica e la complessità normativa che spesso porta inevitabilmente, loro malgrado, anche gli amministratori più retti, in complessi, pesanti, logoranti, iter giudiziari, che spesso si concludono in nulla di fatto, ma comunque sufficienti a minare l'esistenza dei malcapitati.
Ci si aggiunga che tale situazione è determinata anche dal fatto che in Italia esiste una pletora di piccoli comuni, che qualche tempo fa una campagna mediatica, capeggiata da molti VIP dello spettacolo (che una volta di più hanno confermato la loro totale incompetenza) ci aveva raccomandato di difendere, perché il loro accorpamento era equiparato a un attentato alla democrazia; orbene, questi comuni sono ormai del tutto inadeguati strutturalmente a far fronte alle esigenze del territorio e gli accorpamenti servono appunto a raggiungere dimensioni tali per poter davvero essere al servizio dei cittadini, spesso sono campanilismi duri a morire e miopie di comunità troppo chiuse a impedire questi processi. Si preferisce deperire che rinnovare.
Le forze politiche e sociali in tutto questo hanno forti responsabilità, perché di volta in volta hanno cavalcato le pulsioni peggiori per mero tornaconto elettorale, anziché proporre soluzioni effettive, lungimiranti e coraggiose.
Il risultato è il progressivo deserto democratico. Che può essere prodromo di autoritarismo o semplicemente, e penso sia il nostro caso, in una inesorabile decadenza e deperimento, istituzionale, sociale e civile.
Come uscirne, con l'impegno e sopratutto avendo il coraggio di sostenere chi s'impegna, e abbandonando quell'acre livore che ormai ammorba la nostra vita pubblica. E questo non dobbiamo chiederlo a chi sta "in alto", ma a noi, il cosiddetto "popolo".

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