Nel mentre tutti sono concentrati nelle quotidiane dispute che sorgono attorno all'agire (ma più che altro al dire) del Ministro degli Interni, onnipresente e debortante, saldamente nel cuore di molti italiani, con l'opposizione di fatto, ancora incapaci di darsi un progetto e un linguaggio, e quindi mentre scateniamo guerre di religione per ogni barcone nel mediterraneo, urliamo alla perfida Europa e solidarizziamo con un plantigrado trentino e molto meno con gli indigenti, italiani o stranieri che siano, e trascuriamo la sfida climatica e riteniamo ininfluenti gli assetti geopolitici mondiali, qualcosa di ben più preoccupante è in gestazione dalle parti del Governo. Non è tanto la politica economica o finanziaria (certo non rassicuranti), quanto la riforma del sistema giudiziario. Riforma che sembra ispirata al giustizialismo social, al pressapochismo di questi tempi e all'esigenza di propaganda più che di Giustizia. Il tema in questo momento, come ricordato tempo fa, sembra essere percepito solo dalle Camere Penali, in fibrillazione da mesi, molto poco dall'opione pubblica. Certo è noto che in Italia sia la giustizia civile che penale siano in perenne affanno, problemi organizzativi, di risorse, di spazi, di riforme mai fatte o mal fatte, di una legislazione complessa, e sarebbe necessario affrontare il tema in modo organico e pragmatico, ispirati dalla necessità di darsi un sistema efficiente, razionale e funzionale. E sopratutto indipendente. Invece si lavora a spot, secondo l'emotività del momento. E l'emotività oggi spinge contro il dibattimento. Mentre perdura lo scandalo della carcerazione preventiva in attesa di giudizio (sì è uno scandalo sopratutto se usata strumentalmente e ancor di più su chi si confermerà innocente), l'attuale ministro... Bonafede, si quello che si vestiva da guardia carceraria, che peraltro sarebbe pure Avvocato, sta lavorando a una riforma del codice penale che contrae significativamente lo spazio al dibattimento. La cosa segue la riforma della prescrizione. E' evidente che si vuole ridurre lo spazio dove si acclarano i fatti, nel nome di tempi rapidi e certezza del giudizio, si preferisce arrivare a sentenze sbrigative, di condanna preferibilmente, perché quello che si vuole è una Giustizia che si limita a ratificare quello che già viene sentenziato dal "popolo" nel tribunale popolare dei social. La cosa dovrebbe preoccuparci un poco tutti.
affinché, un giorno non si dica: "i tempi erano oscuri, perché voi avete taciuto"
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