"10 cose da sapere sull'Economia Italiana - prima che sia troppo tardi" di Alan Friedman. Il libro di fatto ricalca il precedente "Ammazziamo il gattopardo", in cui Friedman raccontava un po' delle italiche magagne, ossia di quei problemi strutturali del nostro Paese che, per varie ragioni, fatichiamo a correggere, spesso procrastrinando, aggravando la situazione e scaricandola sui posteri. In questo nuovo libro il tema futuro è centrale, Friedman analizza, viaggiando assieme a una fittizia famiglia livornese, paradigma della famiglia media italiana, i problemi della disoccupazione giovanile, del debito pubblico, della crisi bancaria, delle difficoltà delle piccole imprese, del rapporto col fisco, della visione dell'Europa, della burocrazia paralizzante, del sistema pensionistico. La lettura è agile e i temi posti con chiarezza, talvolta brutale, non gridando alla casta, ma a problemi che sono incistati nella società italiana, taluni culturali, taluni storici. Si osserva come molte problematiche siano scaricate sui posteri, poiché la mancanza di una sistema di governo forte e non assetato di consenso impedisce di affrontarli come si dovrebbe. Ma prima o poi i nodi vengono al pettine. Due fra tutti, il debito pubblico, che per esempio nella campagna elettorale 2018 quasi tutti tacciano (lodevole eccezione Emma Bonino), dimenticando come questo sia una bomba a orologeria, che potrebbe portare non fra 30, ma fra 5 anni ad attacchi di tipo speculativo al Paese, innescando una crisi finanziaria ben più drammatica di quella, pur pesantissima, da cui lentamente stiamo uscendo, una bomba che va disinnescata, con misure serie, senza promettere irealizzabili tagli di tasse, o aumenti del deficit, ma attraverso una seria revesisione della spesa pubblica e una successiva riforma del sistema fiscale, rendendolo più sempliche, ma anche anche poiù "certo". L'altro nodo è quello delle Pensioni. Può piacere o no, ma nel nostro paese si vive sempre di più, e, diversamente da quanto uno possa credere, i contributi che ogni lavoratore versa all'INPS non servono a pagare la sua futura pensione, ma quella di chi in pensione c'è già. Un sistema così funziona bene se gli occupati sono più dei pensionati (il rapporto era 4 a 1 al tempo della riforma Brodolini che istituì il retributivo), oggi è a mala pena di 1 a 1 (questo pone il tema dell'occupazione, specie giovanile, altra sfida per l'Itaia). Inoltre aver avuto per lungo tempo un sistema retributivo ha fatto sì che si elargissero pensioni generose, non coerenti con quanto ciascuno aveva effettivamente versato. Su questa questione probabilmente con i miei ci avrei litigato, ma è normale. Questo ha reso necessarie diverse riforme del sistema a partire dal 92, per evitare che il sistema saltasse (siamo tra quelli che al mondo hanno la maggior spesa pensionistica, in parte sorretta dalla fiscalità generale), fino ad arrivare alla detestata FORNERO. Friedman nel libro dice molto schiettamente, cosa che anch'io più modestamente ho sempre pensato, ma mai esternato, per evitare litigi inutili, che la FORNERO è stata una medicina amarissima, ma indispensabile, e la Fornero è stata l'unica, tra coloro i quali hanno retto le istituzioni, almeno in tempi recenti, a parlare con franchezza e onestà agli italiani, presentando loro la realtà dei fatti. E ovviamente a chi fa il lavoro sporco l'Italia certo non riserva encomi. Certo la riforma può avere dei correttivi, ma chi racconta di volerla buttare via, imbroglia. Il nodo è che bisogna trovare il modo di ridurre il cuneo fiscale, ciò il differenziale tra quanto pagano le aziende e quando percepisce il lavoratore, in modo che questi possa affiancare alla pensione INPS (che percepirà lontano nel tempo e non sarà larghissima) una pensione integrativa, cosa che difficilmente oggi la media dei lavoratori dipendenti o autonomi che siano riesce a fare visti gli attuali livelli di reddito.
Friedman riesce a dare, in modo agile, strumenti utili per chi voglia guardare al presente di questo Paese e al suo futuro con realismo e senza farsi irretire da imbonitori di sorta. Sempre che questo Paese lo voglia e non preferisca invece farsi irretire. Perché, comunque, prima poi dovrà amaramente risvegliarsi.
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